Raccontare il Profumo

L’arte di tradurre le fragranze, fra letteratura, musica e poesia

 

Il bello del mio lavoro, almeno per me, è che cambia ogni giorno e ogni giorno ha tante sfaccettature. Tante quante sono le traduzioni che mi vengono commissionate e i settori a cui i testi da tradurre appartengono o fanno riferimento.

 

Concretamente questo significa che ogni giorno è una nuova avventura. Nuova davvero, perché spesso al mattino non so che tipo di testi mi verranno commissionati ed è un po’ uno sport estremo questo di essere sempre pronta a calarmi nei panni di marchi molto diversi fra loro sotto ogni punto di vista. Devo tenermi sempre in allenamento per riuscire ad avere tante voci e conoscere tante storie.

 

Fra le numerose cose belle che mi capita di tradurre ci sono anche testi che descrivono o cercano di far immaginare un profumo.

 

Ecco, quando sono davanti a testi così so che devo prevedere molto tempo da dedicare alla mia traduzione anche e soprattutto se si tratta di poche righe – magari poetiche – che non parlano direttamente delle materie prime che compongono la fragranza, ma che evocano l’effetto che quel profumo vuole produrre, l’universo di immagini e ricordi che vuole evocare.

 

Chanel n. 5
Chanel n. 5, uno dei profumi più leggendari della Storia

 

Ci vuole tempo perché parlare di profumi non è facile. Come spiega bene Marika Vecchiattini di Bergamotto e Benzoino nel suo interessantissimo libro Il linguaggio segreto del profumo, noi non siamo educati a descrivere i profumi, gli odori, in modo preciso e dettagliato, come sappiamo fare invece con i colori o con gli oggetti. Ci manca il vocabolario e sappiamo solo ricorrere a metafore e paragoni, forse – penso – anche perché l’olfatto è il senso che più di ogni altro sa restituirci emozioni e portarci alla memoria ricordi. I profumi non si vedono né si toccano, si apprezzano grazie alle immagini che sanno suscitare in noi, al tumulto di sensazioni che riescono a scatenare quando vanno a toccare le corde della memoria.

 

Ecco cosa scrive Jean-Claude Ellena, naso della Maison Hermès, a proposito della sua creazione battezzata Le Jardin de Monsieur Li, profumo della collezione Les Jardins:

 

“Mi è tornato alla mente l’odore dei laghetti, l’odore dei gelsomini, delle pietre bagnate, dei prugni, dei kumquat e dei bambù giganti. C’era proprio tutto lì, e persino alcune carpe, nello stagno, che tranquillamente si avviavano a diventare centenarie.”

Jean-Claude Ellena

 

Le Jardin de Monsieur Li, Hermès
Le Jardin de Monsieur Li, Hermès

 

Non a caso molto spesso i testi poetici sono quelli più adatti a descrivere un profumo e la sua evoluzione. Mi viene in mente la poesia Parfum exotique (Profumo esotico) di Charles Baudelaire, in cui il poeta dei Fiori del male respirando il profumo della sua amata si ritrova catapultato in una fantasia fatta di paesaggi e genti di un’altra latitudine.

 

Baudelaire descrive una sorta di viaggio e in effetti ogni profumo si apre con delle note per poi evolversi e lasciare sulla pelle altre note ancora, quelle più persistenti. Le note d’apertura sono le più volatili e si chiamano note di testa (in francese si parla di “envol” ovvero di “volo” del profumo per descrivere queste prime note fresche che s’involano rapide come un battito d’ali), quelle centrali, che possiamo sentire qualche minuto dopo che il profumo si è posato sulla nostra pelle, sono le note di cuore e quelle che riusciamo a sentire anche dopo diverse ore si chiamano note di fondo.

 

Mentre alle prime note è affidato il compito di “aprire le danze” e dare una prima impressione della fragranza, le ultime hanno il compito di legarsi per sempre al nostro vissuto, ammantando del loro profumo gli attimi emotivamente salienti della nostra vita.

 

E qui mi viene in mente Find the River una bellissima canzone dei R.E.M., in cui Michael Stipe racconta di una vita che arriva alla fine del suo viaggio carica di bei ricordi ed esperienze emozionanti metaforicamente tradotte in un elenco di profumi e spezie (pimento, bergamotto, vetiver, coriandolo, zenzero, limone), che simboleggiano avventure e conquiste.

 

Ora forse sono riuscita a darvi un’idea più precisa di quanto debba essere capace il traduttore chiamato a restituire le emozioni descritte in poesia dal creatore di un profumo, soprattutto se è pienamente cosciente – e deve esserlo! – della complessità della fragranza, da un punto di vista sensoriale, emotivo, culturale nonché tecnico.

 

Inoltre non dimentichiamo che il profumo è strumento principe di seduzione, dove se-durre conserva tutto il significato del latino seducere, ovvero condurre a sé, portare verso di sé.

 

Chi di voi ha letto l’intenso romanzo Il Profumo di Patrick Süskind ricorderà che nella storia, ambientata nella Francia del XVIII secolo, il profumo diviene addirittura strumento di potere assoluto, di dominio delle genti, grazie alla sua capacità di inebriare i sensi sino a condurre alla perdizione e all’abbandono totale di ogni freno:

 

«Poiché gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all’orrore, davanti alla bellezza, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi al profumo. Poiché il profumo era fratello del respiro.»

 

«Colui che dominava gli odori, dominava il cuore degli uomini»
«Colui che dominava gli odori, dominava il cuore degli uomini»

 

Ecco che la scrittura deve essere intensa, evocativa, ammaliante e metaforica.

 

Un’impresa non proprio semplice e non da tutti.

 

Soprattutto perché a noi traduttori spesso non è dato sentire il profumo di cui stiamo trasponendo la descrizione nella nostra lingua!

 

E se il profumo di cui dobbiamo parlare appartiene al regno incantato della profumeria artistica le cose potrebbero complicarsi ulteriormente…

 

Ma della profumeria artistica vi parlerò prossimamente, in particolare dopo che avrò visitato il salone Esxence, che si terrà a Milano dal 31 marzo al 3 aprile e che è interamente dedicato alla profumeria d’arte.

 

Quindi a presto con nuovi racconti profumati,

 

Floriana.

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